Cinghiali e aree protette: studio dell'Ateneo senese individua i principali fattori di rischio per gli habitat toscani

Cinghiali e aree protette: studio dell'Ateneo senese individua i principali fattori di rischio per gli habitat toscani
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Pubblicato uno studio sull'impatto del 'grufolamento' del cinghiale in Toscana: mappate le aree più a rischio nelle zone protette, con indicazioni utili per la gestione ambientale

È stato pubblicato sulla rivista scientifica Ecological Indicators lo studio “Rooting as indicator of wild boar density: environmental drivers and spatial variation across protected areas”, che ha permesso di individuare i principali fattori ambientali che influenzano l’intensità del rivoltamento del suolo alla ricerca di cibo - detto “grufolamento” - del cinghiale in un campione di aree protette della Toscana.

Il lavoro è stato condotto da ricercatori del Dipartimento di Scienze della Vita e di quello di Economia Politica e Statistica dell’Università di Siena, nell’ambito delle attività finanziate dal progetto PNRR National Biodiversity Future Center (NBFC), e con il contributo di Regione Toscana, Ente Parco Regionale della Maremma e Tuscany Environment Foundation (TEF).

Hanno partecipato allo studio: Martina Calosi, Niccolò Fattorini, Rosa Maria Di Biase, Agnese Marcelli, Caterina Pisani, Chiara Gabbrielli, Sonia Aleotti, Mattia Galdangelo e Francesco Ferretti.

In determinate condizioni, tale attività di scavo tipica del cinghiale può produrre conseguenze negative sulle comunità biologiche; per esempio, se questa avviene a carico di specie animali o vegetali rare o protette può minacciarne la conservazione o può portare alla degradazione di habitat delicati.

Lo studio mostra come l’impatto locale di questa specie, che può formare gruppi anche numerosi, sia principalmente amplificato da condizioni elevate di densità della popolazione. 

Tuttavia, l’intensità del ‘grufolamento’ è attenuata in aree caratterizzate da elevata eterogeneità ambientale, dove probabilmente la varietà di risorse alimentari riduce la necessità di ricercare cibo sotto terra.

Inoltre, questo comportamento è limitato dalla pendenza e dalla rocciosità del terreno, che rendono più difficile l’attività di scavo, ed è favorito dalla presenza di strade forestali, che presumibilmente agevolano gli spostamenti dei cinghiali.

Tramite un approccio statistico innovativo, lo studio ha inoltre mappato la distribuzione dell’intensità del ‘grufolamento’ all’interno delle aree protette. Tali mappe potranno aiutare a individuare i siti caratterizzati da maggior rischio di impatto sugli habitat naturali nelle aree monitorate.

L’approccio utilizzato è applicabile anche in altri contesti simili dal punto di vista ambientale e potrà supportare la gestione degli ecosistemi protetti, per esempio attraverso misure specifiche di prevenzione e controllo della densità, o incentivando pratiche che favoriscano l’eterogeneità ambientale nelle aree a rischio.

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