"Autorità civili, militari e religiose, cittadini, contradaioli. Siamo ancora una volta insieme in questo luogo irripetibile, tanto scenografico eppure così intimo, a dare vita al momento tanto atteso, che va a segnare di fatto l’inizio del nostro tutto, della nostra festa, ricominciamo a chiamarla e soprattutto a viverla così, con la giusta consapevolezza. Il bello di una festa, insegnano gli antropologi ma anche l’esperienza della vita, è che si tratta di un’interruzione dell’esistenza ordinaria, un evento che segna la fuoriuscita dalla quotidianità, è lo strappo alla regola e alla tirannia del presente, è il riemergere prepotente e orgoglioso delle origini che riannoda ai riti e ai costumi aviti, riconcilia con l’universo dei nostri padri e delle nostre madri, con l’infanzia spensierata.
E quello che ci aspetta è un Palio ancora più nostro, perché a dipingere il Cencio abbiamo voluto fosse un senese, un contradaiolo, uno di noi. Un Palio senese nella forma, nei colori, nel senso più profondo. Un Cencio che parla di valori e di libertà, la libertà di conoscere e di crescere, rappresentata dalla pietra sorretta dai due amorini, quella pietra dove campeggia l’impresa dell’Accademia degli Intronati, protagonista all’epoca di un vivace clima intellettuale e ancora oggi sinonimo di sapere, patrimonio di conoscenze ed esperienze, cultura, teatro, letteratura, storia e civiltà senese, Accademia che quest’anno celebra il suo cinquecentenario.
La scelta di dedicare il Drappellone a questa ricorrenza non è soltanto un riconoscimento dell’indubbio prestigio di una plurisecolare e fulgida istituzione ma una sottolineatura dell’attitudine senese a perpetuare la tradizione, intesa come il racconto di un’identità comunitaria attraverso i tempi, l’esigenza di coltivare il locale oltre il globale, di tutelare le identità e le differenze a fianco del cosmopolitismo, di amare le radici per amare l’umanità. Ogni individuo e ogni comunità ha bisogno di occasioni per aprirsi al mondo e di occasioni per ritrovare il proprio habitat, la propria terra; abbiamo bisogno di viaggiare e conoscere nuovi mondi ma anche di tornare a casa e ritrovare ciò che è solo nostro e inconfondibile; abbiamo bisogno di novità e scoperte ma anche di memorie e rassicurazioni.
Abbiamo bisogno di esprimere liberamente le nostre predilezioni, i nostri legami e le nostre affinità: manifestare emozioni diverse, diverse reazioni a seconda del momento, ma stessa appartenenza e stesso attaccamento, stessa autenticità di passione, stesso perdurante affetto per le nostre bandiere, tutte. C’è tutto questo nel lavoro di Riccardo Manganelli, pensato e realizzato con passione, con orgoglio, sincerità e profonda dedizione.
Le mani che esultano ed accolgono, il cavallo che si fa accarezzare, alle spalle Palazzo Pubblico che vigila, ma non domina, in alto la Madonna di Provenzano, lei sì che domina, investendo di sacralità e di tenerezza la Piazza e la città intera. Un riflesso sulle terre di Siena, sul tufo, sui colori della nostra città, che ci avvolge e ci culla. Di fronte a questi simboli così familiari, così immediatamente leggibili, quello che dobbiamo fare stasera è riconoscerci e ritrovarci soprattutto in questo momento.
Sceglierci con i nostri pregi e i nostri limiti, nella consapevolezza che i tempi cambiano e che tutto muta tranne una verità: di fronte a questo Cencio e a ciò che rappresenta, ci riconosciamo e siamo tutti tenacemente uguali, sempre gli stessi, senza distinzione o pregiudizio. E allora viviamo insieme questo Palio, giorno per giorno, al pieno dei nostri ritmi e della nostra unicità."

Foto: Fb Nicoletta Fabio