Siena, sequestro della Guardia di Finanza: immobile a Grosseto acquistato con proventi dell’immigrazione clandestina

Siena, sequestro della Guardia di Finanza: immobile a Grosseto acquistato con proventi dell’immigrazione clandestina
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Operazione coordinata dalla Procura: oltre 200 pratiche false per l’ingresso di cittadini bengalesi, indagato anche per autoriciclaggio

Sotto la direzione della Procura della Repubblica, la Guardia di Finanza di Siena ha eseguito il sequestro preventivo di un immobile in provincia di Grosseto. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’edificio sarebbe stato acquistato con i proventi del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, commesso da più persone – alcune delle quali operanti anche all’estero – attraverso la presentazione di istanze di ingresso con informazioni false, inoltrate sulla piattaforma telematica del Ministero dell’Interno ai sensi del D.P.C.M. 27 settembre 2023 (“Decreto flussi”).

L’inchiesta è partita dalle anomalie riscontrate dalla Prefettura di Siena durante l’esame di oltre 200 pratiche per l’ingresso di cittadini bengalesi. Le istanze presentavano dati falsi sia sui datori di lavoro (in alcuni casi del tutto ignari) sia sui luoghi di impiego o di alloggio degli stranieri. Di fronte a tali irregolarità, la Prefettura ha interessato l’Autorità giudiziaria, che ha delegato al Nucleo di polizia economico-finanziaria l’approfondimento delle ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Le indagini – condotte attraverso incroci di dati (Spid, Pec, email e numeri di telefono) e verifiche finanziarie – hanno permesso di individuare un’organizzazione con regia unica, riconducibile a un cittadino bengalese. Quest’ultimo, insieme ad altri complici rimasti in patria, gestiva tutte le pratiche d’ingresso, utilizzando riferimenti a imprese non operative a lui collegate o a quattro connazionali indagati in concorso. Le istanze venivano indirizzate alle Prefetture competenti in base alla sede legale dei datori di lavoro indicati.

Per questo “servizio” era previsto un tariffario, con costi tra i 2.000 e i 4.000 euro per pratica, in base al numero dei richiedenti e alle loro disponibilità economiche. I pagamenti avvenivano principalmente in contanti in Bangladesh e, in alcuni casi, anche in Italia. In mancanza di liquidità, venivano accettati terreni come forma di pagamento. Per le oltre 200 pratiche esaminate – dirette soprattutto alle Prefetture di Siena e Grosseto – l’organizzazione ha ottenuto un profitto rilevante, non ancora quantificato con precisione.

Considerata la natura transnazionale del reato, la finalità di profitto e il numero di persone coinvolte (superiore a cinque), l’ipotesi di favoreggiamento è stata qualificata come pluriaggravata ai sensi dell’art. 61-bis c.p. e dell’art. 12 del D.Lgs. 286/1998. Le indagini hanno inoltre accertato che parte dei proventi era stata utilizzata per acquistare, al prezzo di 51.500 euro, un immobile commerciale a Grosseto. Tale circostanza ha portato i finanzieri a ipotizzare anche il reato di autoriciclaggio, ritenendo l’operazione volta a ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del denaro.

Il Pubblico ministero ha quindi richiesto al GIP l’adozione di una misura cautelare reale. Il giudice ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente dell’immobile, riconoscendo la competenza del Tribunale di Grosseto, che ha confermato il provvedimento.

Si ricorda che il procedimento penale si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che, in base al principio della presunzione di innocenza, la responsabilità degli indagati potrà essere definitivamente accertata solo con una sentenza irrevocabile di condanna.

L’operazione conferma l’impegno costante della Guardia di Finanza nel contrasto alla criminalità economica, anche attraverso l’aggressione dei patrimoni accumulati illecitamente, al fine di tutelare l’economia legale e garantire la concorrenza leale tra imprese e la sicurezza dei cittadini.

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